L’italiana Valeria Khadija Collina, convertita all’Islam e madre del terrorista Yussef, ucciso a Londra alcuni giorni fa, esprime i suoi sentimenti al giornalista Giorgio Paolucci del giornale Avvenire.
“Non so darmi pace. Forse anche il mio Yussef è una vittima di qualcosa più grande di lui. La sua radicalizzazione è figlia della propaganda wahhabita e salafita. Una posizione letteralista, rigida, chiusa della fede islamica, che viene ridotta a una serie di formule. Lui aveva osservato la tradizione islamica, mentre io gli facevo capire che l’Islam deve aprire le menti, non chiuderle. C’è molto lavoro da fare. Dobbiamo gridare insieme, musulmani e cristiani che le religioni non sono la causa delle violenze, ma il migliore antidoto. E che l’uomo autenticamente religioso riconosce la verità come qualcosa di più grande di sé, non la piega ai suoi schemi, non considera nemico chi è diverso da lui. Il dialogo non solo è possibile, è necessario, la conferma viene dalle tante persone che in questi giorni sono venute a trovarmi, a manifestare il loro affetto. C’è molto da fare, specie tra le giovani generazioni e io voglio essere tra coloro che costruiscono occasioni di dialogo. Perché dal mio dolore di madre nasca qualcosa di utile a tutti”.
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