Tratto da Banglanews

Una tristemente tipica guerra “dimenticata”, quella dello Yemen. La terra che i Romani chiamavano l’Arabia Felix, e il cui nome arabo – al-Yaman – è associato all’ottimismo e alle benedizioni, è oggi metafora di desolazione e infelicità. Il conflitto, che ha compiuto sette anni lo scorso 16 settembre, rimane infatti tra i più gravi per impatto sulla popolazione civile, e ciò nonostante i nuovi spiragli di pace che si sono aperti di recente. La settimana scorsa, l’Arabia Saudita ha annunciato la liberazione di 163 prigionieri come iniziativa umanitaria per «consolidare l’attuale tregua e creare un’atmosfera di dialogo tra le parti yemenite». Riad guida dal marzo 2015 una coalizione militare contro i ribelli Houthi sostenuti dall’Iran e che occupano, oltre alla capitale Sanaa, una buona metà del Paese. Il primo aprile, gli Houthi e il governo lealista hanno concordato una tregua di due mesi patrocinata dalle Nazioni Unite, che prevede anche la riapertura dell’aeroporto di Sanaa e l’autorizzazione all’ingresso delle petroliere nel porto di Hodeidah. Un altro sviluppo positivo è l’accordo siglato il 19 aprile tra i leader della milizia ribelle e funzionari dell’Unicef che impone uno stop al reclutamento di bambini soldato.

Secondo il portavoce dell’Onu, Stephane Dujarric, il gruppo armato si è impegnato non solo a porre fine alla pratica di arruolare forzatamente minori, ma anche a rilasciare i bambini soldato già presenti nelle truppe nell’arco di sei mesi, e ciò «nell’ambito dell’action plan» proposto dall’agenzia Onu. L’organismo internazionale ha calcolato che sono almeno 3.500 i minori che dal 2014 combattono nelle milizie per rovesciare il governo sostenuto dai sauditi. I 2.786 giorni di guerra

(ad oggi) hanno provocato nel Paese arabo «la più grande crisi umanitaria del XXI secolo», con 17 milioni e mezzo di yemeniti – oltre la metà della popolazione – che sono sottoalimentate.

L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, pubblicato a novembre, parla di 377mila vittime, al 60 per cento per gli effetti indiretti del conflitto, come la scarsità di acqua e cibo, mentre sono circa 150mila le persone che hanno perso la vita negli scontri armati e i bombardamenti aerei.

Secondo l’Undp, l’Agenzia per lo sviluppo dell’Onu, «nel 2021 ogni 9 minuti è morto un bambino di meno di 5 anni». «Lo Yemen vive in uno stato di emergenza cronico, segnato da fame, malattie e altre miserie», denunciava il 15 marzo scorso Martin Griffiths, il capo dei soccorsi delle Nazioni Unite, di fronte al Consiglio di sicurezza. Con lo scoppio della guerra in Ucraina e la crisi energetica provocata dal taglio alla fornitura del gas dalla Russia, molti Paesi occidentali hanno ora interesse a non ostacolare l’intenso transito delle petroliere per le acque del Mar Rosso per raggiungere il Mediterraneo. Lo scorso 23 aprile sono anche ripresi a Baghdad, «in un’atmosfera positiva», i colloqui per la normalizzazione dei rapporti tra Iran e Arabia Saudita. Ridotta alla fame, alla popolazione yemenita non rimane che sperare del buon esito dei colloqui tra ossia le due potenze regionali sponsor del loro dossier per uscire dal tunnel.  

Immagine spiaggia Socotra – Yemen, di danielshimmin0 da Pixabay