“Gesù, l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona, si identifica specialmente con i più piccoli… è indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questo apparentemente non ci porta vantaggi tangibili e immediati: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati ecc. i migranti mi pongono una particolare sfida perchè sono Pastore di una chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti. Perciò esorto i Paesi ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro! “ (E.G. nn. 209-210)

 

Cosa fare di fronte a questa tragedia dei migranti, dei rifugiati e degli sfollati? ...questa è una situazione obbrobriosa, che posso solo descrivere con una parola che mi venne fuori spontaneamente a Lampedusa: vergogna.

Lì, come anche a Lesbo ho potuto ascoltare da vicino la sofferenza di tante famiglie espulse dalla loro terra per motivi economici o violenze di ogni genere, folle esiliate – l’ho detto di fronte alle autorità di tutto il mondo – a causa di un sistema socio-economico ingiusto e delle guerre che non hanno cercato, che non hanno creato coloro che oggi soffrono il doloroso sradicamento dalla loro patria, ma piuttosto molti di coloro che si rifiutano di riceverli.

Faccio mie le parole di mio fratello l’Arcivescovo Hieronymos di Grecia: «Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi è in grado di riconoscere immediatamente, nella sua interezza, la “bancarotta” dell’umanità» (Lesbos, 16 aprile 2016).

Cosa succede al mondo di oggi che, quando avviene la bancarotta di una banca, immediatamente appaiono somme scandalose per salvarla, ma quando avviene questa bancarotta dell’umanità non c’è quasi una millesima parte per salvare quei fratelli che soffrono tanto? E così il Mediterraneo è diventato un cimitero, e non solo il Mediterraneo… molti cimiteri vicino ai muri, muri macchiati di sangue innocente.

La paura indurisce il cuore e si trasforma in crudeltà cieca che si rifiuta di vedere il sangue, il dolore, il volto dell’altro.

Lo ha detto il mio fratello il Patriarca Bartolomeo: «Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono la paura e trascendono la divisione.

Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo»

(Lesbo, 16 aprile 2016)

E’, veramente, un problema del mondo. Nessuno dovrebbe vedersi costretto a fuggire dalla propria patria. Ma il male è doppio quando, davanti a quelle terribili circostanze, il migrante si vede gettato nelle grinfie dei trafficanti di persone per attraversare le frontiere, ed è triplo se arrivando nella terra in cui si pensava di trovare un futuro migliore, si viene disprezzati, sfruttati, addirittura schiavizzati.

Questo si può vedere in qualunque angolo di centinaia di città.

O semplicemente non si lasciano entrare.

Vi chiedo di esercitare quella solidarietà così speciale che esiste tra coloro che hanno sofferto. (Discorso al Terzo Raduno dei Movimenti Popolari, Roma 7 novembre 2016)

L’IMMIGRAZIONE CI PONE UNA SFIDA: UNA CULTURA VIVA, AUTENTICA, SOLIDA, NON HA MAI PAURA DI APRIRSI AGLI ALTRI

(don Luigi Ciotti)

E’ iniziata nella nostra Diocesi l’accoglienza diffusa di persone profughe; a Castiglione Chiavarese, nella struttura di Villa Morasca, presso una famiglia, nelle Parrocchie di Rupinaro e S. Giovanni Battista a Chiavari e prossimamente presso l’Istituto Orsoline di Rapallo a cura delle parrocchie della città. Sono “segni” di apertura e attenzione verso i fratelli.